Fiaiano negli archivi storici

FIAIANO - FIAJANO - SCIAJANO

La prima volta, al momento, che appare il toponimo, è in un atto che coinvolge la mia famiglia (Di Meglio).

Il primo documento che riferisce questo toponimo è un atto del notar Polidoro Albano del 24 dicembre 1541 in riferimento ad alcuni beni ubicati a Fiaiano, venduti da Giovanni Di Meglio di Agostino a Giovanni Telese e Angela Pesce.

Nel 1588 la frazione, viene citata a pagina 37 del "De rimedi naturali..." come Sejano o Seiano.

Secondo il D'Aloisio nel 1757 "L'infermo istruito dal dottore D. Gian-Andrea D'Aloisio nel vero salutevole uso de' rimedi minerali..." dei laici, sotto il titolo della Vergine del Carmine.

Il territorio di Barano produce abbondanti uve bianche.

Verso tramontana si incontrano le possessioni chiamate Piede, la Cesa, Sciajano, ed un luogo detto lo Cretaio, ove vi è il polito tempiuccio della SS. Trinità. Veggonsi più sopra gli acquedotti che nel borgo di Celsa formano la fontana delle acque fresche, siccome verso Oriente si scopre l’orrido tratto delle pietre bruciate, col sudatorio della Testa.

Dimostrano li nativi di Barano docilità e piacevolezza, ma nell’irascibile non si distinguono punto da quei di Monopano; conservandosi ancora la memoria di un fiero e numeroso eccidio accaduto fra di loro nei tempi passati per cagione di una bellissima cintola, così che volendosi ad alcuno minacciare qualche aspra vendetta, per proverbio dal Volgo si dice: farò rinnovare la cintola di Barano. Le persone ecclesiastiche sono di prudenza e dottrina ornate, e sanno molto bene governare lo stato della coscienza.

Secondo "Storia dell'isola d'Ischia" 1867 di G. D'Ascia

FIAJANO - Traversando quel nuovo gomito di traccia che s’incontra ad oriente, lasciando la cascata dell’Aquedotto di FiaJano – quando vieni dal Rotaro, percorrendo la mezza costa intorno la punta del belvedere che si estolle sulla collina – si scorge nella sottoposta pianura il centro del casale, occupato da modeste 108 case di coloni, sottomesse ad una più sontuosa, che spalleggia la strada, la quale percorrendo per la pianura, sia fra le colline de’ maisti, sia fra le compagne del Bosco de’ Conti o dell’Arso, e ridenti casini.

La piccola Chiesetta del Casale è dedicata alla Madonna delle Grazie, di jus patronato della famiglia Baldino.

Il casale è abitato da circa 200 agricoltori.

Dirimpetto alla Chiesetta ed al Villaggio s’alzano a cavaliere i monti di Tripodi verso N.O.; dalla parte di tramontana delle accavallate colline ombreggiano la pianura, in mezzo alla quale passa l’acquedotto della fontana di Buceto che conduce l’acqua nella piazza del Comune d’Ischia – Fra questa pianura e colline l’amenissimo punto detto di Masto-Titto si osserva.

Da questo punto scorgi ad oriente gli adusti avanzi della lava del cremato, a S.O. il casale di Piejo, ed in più distanza a ponente la catena del monte Vetta che da quel lato chiude la pianura mediterranea: i boschi dei Conti, il casale di Campagnano confinano ad oriente, ed a scirocco col casale. Un terreno argilloso-vulcanico-nero covre questi campi.

Il Sig. Carlo Santucci ci forniva delle notizie, intorno a questo casale – che noi compendieremo alla meglio.

Ci dice che i Cumani hanno una volta abitata la pianura che si estendeva lunghesso il sito coverto dal vulcano del Cremato – Noi parlando di Testaccio lo affermeremo.

Nel 1852 questo suolo coverto dalla lava fu cominciato a coltivarsi dal Santucci che fu il primo a rimuovere que’ massi vulcanici prendendosi in enfiteusi quella parte che apparteneva al Comune di Barano, indi nel 1853 si censì altra estensione appartenente al Comune d’Ischia.

Nel mettere a coltura questi pezzi di lava, raccolse le beffe e le derisioni del volgo ignaro, derisione e beffa che si mutarono in meraviglia ed ammirazione nel 1854, quando videro quei sterili massi, e quelle concerie di vulcano tramutate in verdeggianti boschetti ove primeggiano pini, querce ed altre piante boschive.

Oggi anche si leggono i segni (accosto all’antico cratere dell’Arso) del cunicolo vulcanico, il quale presso ad un gran sasso fra i limiti della proprietà Santucci, e Mazzella di Campagnano, nelle lunghe notti d’inverno, caccia una fiamma circa 4 palmi al di sopra della pietra.

Si volle scavare ove la fiamma era comparsa anni sono e fu rinvenuta ferrugine rossa, e alcuni spiragli di fumajuoli i quali ingranditi, intromessovi il braccio, si dovette tosto estrarlo atteso l’avanzato calorico che tramandavano, lo scavo fu sospeso.

Scavandosi il terreno in altri punti di Fiajano alle volte furono trovati de’ cunicoli da cui ne usciva un’aria freddissima accosto a quelli che esalavano vapori di avanzato calorico.

Più, in altri punti scavati si è trovato un masso di pietre di basolato, rotti o rimossi questi, è succeduto altro strato di pomici, e profondandosi lo scavo, vi è succeduto altro strato di concerie di pietre tufe e ferrugine bruciate e fra questi una quantità di piante ed altri corpi carbonizzati.

Ricerche di Ivano Di Meglio

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